Significato del JUDO
Col nome Judo si intende la dottrina elaborata a partire dal 1882 dal prof. Jigoro Kano shihan e diffusa successivamente in tutto il mondo dalla sua organizzazione, il Kodokan.
Egli aveva perfezionato alcune tecniche del Ju-jutsu per renderle più efficaci e meno pericolose, aveva poi aggiunto a questo primo gruppo altre tecniche di sua invenzione creando così un insieme di movimenti che potevano essere impiegati non solo nel combattimento reale ma anche in allenamento sportivo. Jigoro Kano chiamò questo nuovo metodo “Judo”, o meglio Judo Kodokan, dal nome della prima palestra nella quale questa arte venne insegnata.
Il termine Judo è formato dall’unione dei due ideogrammi “JU” e “DO” e viene spesso tradotto come “metodo della gentilezza”: vediamo meglio il significato di queste parole.
L’ideogramma “JU” vuol dire morbido, cedevole. Nelle arti marziali orientali vi è una tradizionale distinzione tra tecniche dure e tecniche morbide intendendo come dure quelle arti in cui si contrappone direttamente la propria forza a quella dell’avversario mentre nelle tecniche morbide si cerca di sfruttare la forza, l’azione dell’avversario a proprio vantaggio.
Le leggende raccontano che tanti anni fa durante una bufera di neve un monaco stava attraversando un bosco: le piante erano talmente cariche di neve che i loro rami si spezzavano per il troppo peso. Anche gli alberi più possenti alla fine crollavano sotto il carico che continuava ad accumularsi sui loro rami. Ad un certo punto il monaco si fermò stupefatto di fronte ad un esile salice che nonostante l’apparente fragilità si ergeva intatto in mezzo alla tormenta. Egli osservò meglio e notò che i rami del salice erano così esili che non opponevano alcuna resistenza al peso della neve ma si flettevano lasciandola subito cadere a terra. Il monaco, esperto di arti marziali, pensò che questo principio poteva essere applicato alla lotta: sfruttare la forza, il peso dell’avversario per farlo cadere.
Il JUDO applica sempre questo principio: adattarsi all’azione dell’avversario per utilizzarne la forza. Se qualcuno spinge o tira con tutta la sua energia ed improvvisamente non incontra più resistenza rimarrà sbilanciato dalla propria stessa foga: è questo il momento giusto per applicare una tecnica, che potrà essere eseguita con poco sforzo. Diventa così essenziale la ricerca dell’opportunità migliore, lo studio del movimento che meglio sfrutta le proprie possibilità, in modo da non sprecare energia.
Tradurre questo principio con “gentilezza” è forse un po’ troppo poetico, sottintende che siamo gentili poiché assecondiamo l’attacco dell’avversario anziché contrastarlo chiaramente, ma il termine è stato probabilmente ispirato dall’eleganza dell’azione, che non è mai brutale.
Il concetto fondamentale alla base di tutte le tecniche Judo è quindi quello di non opporre la forza alla forza ma di impiegare la propria abilità per volgere a nostro vantaggio una situazione apparentemente sfavorevole. Ma questa idea non era certamente nuova: altre forme di lotta tra cui la stessa antica arte del ju-jutsu si basavano sul concetto di “JU”. La vera innovazione portata dal Maestro Kano è contenuta nel secondo ideogramma, “DO”.
Questo ideogramma raffigura, stilizzato, un allievo che procede sotto lo sguardo attento del maestro e vuol simboleggiare il contenuto filosofico, educativo, formativo di questa nuova arte: il Judo non è soltanto “jutsu”, tecnica, ma assume il significato più profondo di Via, metodo per migliorare.
La creazione di tecniche che possano essere eseguite senza pericolo, con costante controllo, e lo studio dei modi di cadere hanno consentito di slegare l’arte marziale dal combattimento reale permettendone l’utilizzo anche come sport o come svago.
Seguire il proprio “DO”, la propria Via di crescita significa utilizzare il Judo per diventare migliori, acquisire correttezza ed autodisciplina, esercitare il rispetto reciproco, sforzarsi di aiutarsi vicendevolmente. Tutto questo non si limita solamente alla pratica in materassina ma dovrà gradatamente estendersi al di là delle mura della palestra, divenire una abitudine mentale, un modo di vivere.
Anche lo stesso principio del “JU” può allora essere inteso in senso più lato come un invito ad affrontare le avversità senza lasciarsi sopraffare dall’inevitabile ma cercando di cogliere in ogni frangente il lato positivo che può volgere la situazione a nostro favore.
Generalmente l’allievo, soprattutto se molto giovane, trae altrettanti benefici sul piano educativo che su quello strettamente motorio ed il suo progresso viene sempre giudicato non solo in funzione delle capacità tecniche acquisite ma anche della propria serietà: l’allievo più esperto deve poter essere additato come esempio, sotto tutti gli aspetti.
Caratteristica essenziale, legata alla stessa raffigurazione dell’ideogramma “DO”, è la funzione dell’insegnante nell’ambito del Judo. Vi è un legame profondo tra maestro e discepolo su cui si fondano le possibilità dell’allievo di migliorarsi ed intorno a cui ruotano l’impostazione didattica e la credibilità della palestra. L’insegnante non rappresenta soltanto una fonte di conoscenza ed uno specchio di limpidità morale ma deve essere un punto di riferimento, una guida per l’allievo. Senza questo profondo rapporto l’insegnante verrebbe considerato soltanto un allenatore, come negli altri sport, e non un vero Maestro.